Altro che Beppe Grillo: per Stracquadanio
“Equitalia è pizzo di Stato”“Equitalia è pizzo di Stato” Secondo Domenico Scilipoti "le cartelle esattoriali stanno distruggendo tante famiglie". Bersani polemizza con il comico genovese, ma aggiunge: "Qualcosa va cambiato". E nel frattempo il presidente della Provincia di Frosinone giovedì presenterà una proposta di legge di iniziativa popolare contro l'Agenzia che si occupa della riscossione nazionale dei tributiIl deputato Pdl Giorgio Stracquadanio Tutti attaccano Beppe Grillo, ma a 48 ore dagli ultimi atti intimidatori contro le sedi di Equitalia, crescono a dismisura gli attacchi della politica contro la società pubblica che si occupa della riscossione nazionale dei tributi. Dopo il post di ieri del comico genovese - secondo cui “oltre che condannare gli attentati, bisogna capirne le ragioni” - , a schierarsi contro Equitalia sono una serie di esponenti istituzionali di centro-destra. Con prese di posizione durissime e toni davvero incendiari, specialmente se paragonati all’analisi tutto sommato pacata del leader del Movimento 5 Stelle.
La prima bordata è del deputato del Pdl Giorgio Stracquadanio, che in un’intervista a La Zanzara su Radio 24 ha sparato ad alzo zero contro Equitalia, rea, al pari dell’Agenzia delle Entrate, di aver “messo sul lastrico migliaia di imprese con atti di tipo estorsivo”. Stracquadanio, poi, ha parlato di metodo estorsivo, paragonando i metodi dell’agenzia con quelli della criminalità organizzata siciliana. “A Palermo lo chiamano pizzo, questo invece si chiama pizzo di Stato” ha detto il deputato Pdl, che ha anche offerto una personale ricostruzione del modus operandi di Equitalia. “A Palermo quelli del pizzo recuperano un sacco di soldi. Il metodo è lo stesso, un metodo estorsivo – ha detto Stracquadanio - Funziona così: contestano a un’azienda un’evasione, facciamo un esempio, di 100 milioni di euro ma il cittadino dice di aver fatto tutto regolarmente; a quel punto con i poteri che ha il Fisco ti blocca mezzi per 100 milioni e poi ti dice ‘dammi 15 e la finiamo qui’. Come si chiama questa? Estorsione. E a Palermo invece pizzo”.
Dopo aver esposto la sua tesi, il politico berlusconiano ha allargato il campo della critica, individuando i colpevoli dell’odierna situazione. “Oggi – ha detto Stracquadanio – ci sono leggi che sono contro le regole dello stato di diritto: bisogna riportare le cose alla normalità, con l’inversione dell’onere della prova. Ora siamo noi a dover dimostrare di non aver evaso il fisco, bisogna per prima cosa cambiare questa regola. Purtroppo la Lega e Tremonti sono accaniti sostenitori di Equitalia, e restano i principali responsabili della caduta di Berlusconi“.
Sulla stessa linea d’onda Domenico Scilipoti, che dopo aver condannato la violenza (“queste deprecabili azioni dimostrative forniscono l’immagine della crisi in atto nel Paese”), ha aggiunto che “occorrerebbe interrogarsi sul perché di queste azioni e comprendere che le cartelle esattoriali di Equitalia, come i pignoramenti dei beni ai danni degli inadempienti, oltre che terrorizzare, stanno distruggendo tante famiglie italiane, soffocate da tassi d’interesse altissimo, e potrebbero portare qualche imprenditore esasperato dalla pressione fiscale, dagli aumenti e dalla crisi economica, o qualche padre di famiglia a soluzioni estreme bruttissime”.
Ha utilizzato toni più misurati, invece, la deputata del Pdl Souad Sbai, secondo cui “la condanna della violenza e della strategia dell’intimidazione è doverosa, ma non può e non deve prescindere dalla considerazione che le maglie della riscossione in Italia sono divenute troppo stringenti, soprattutto per chi vuole fare impresa onestamente e magari sbaglia una scelta, trovandosi in grave difficoltà”. Dopo aver accusato la politica del “riguadagnare la credibilità perduta su tematiche delicate”, Souad Sbai ha aggiunto che “accanto alla lotta all’evasione forse occorrerebbe una maggior tutela per chi è preda delle follie burocratiche e fiscali di questo Paese perché – ha detto la deputata – fare impresa o gestire un’azienda è un’attività sociale e come tale va preservata, rispettando chi riscuote ma anche chi prova in tutti i modi a pagare, cadendo nelle mani dell’usura e sacrificando spesso anche la propria vita”.
Improntate alla realpolitik, invece, le parole di Antonello Iannarilli, presidente della provincia di Frosinone, che giovedì presenterà una proposta di legge di iniziativa popolare, che lo vede tra i firmatari, intitolata ‘Per fermare Equitalia’. ”Ho costanti conferme di come anche nella nostra provincia esistano centinaia di aziende in grave difficoltà a causa dei metodi e delle richieste di Equitalia” ha detto Iannarilli, secondo cui “in uno Stato che funzioni occorre attivare e rendere efficaci i meccanismi della democrazia per regolamentare una situazione che altrimenti rischia di andare fuori controllo”. Nel commentare la sua iniziativa, Iannarilli ha specificato che “tale proposta anticipa di fatto gli umori e il sentire di migliaia di italiani, che oggi si vedono costretti a scendere in piazza. Avevamo bene interpretato come quella di Equitalia si sarebbe trasformata presto in una vera e propria emergenza sociale. Mi è parso doveroso, in simili frangenti – ha concluso – garantire il massimo sostegno a un’iniziativa che punta ad abrogare un indebito guadagno sulla riscossione dei tributi da parte delle società concessionarie”.
In serata, sulla questione è intervenuto anche il segretario nazionale del Partito democratico Pier Luigi Bersani. ”Forse l’informazione non si è accorta che già sei mesi fa presentammo delle proposte per migliorare i termini degli interventi di uno strumento fatto per perseguire l’evasione – ha detto il, leader dei democratici – Siccome ieri ci sono state delle pallottole io dico prima no, visto che in Italia le abbiamo già viste, e poi discutiamo”. Per Bersani, inoltre, non è detto che “chi non riesca a pagare le tasse sia da considerare per forza un evasore. Non vorrei però che in questo dibattito ci sia una giustificazione di massa a chi intende usare la violenza”. Poi Bersani se l’è presa con Grillo: “Equitalia va migliorata ma non darò ragione a Grillo. Non può esserci giustificazione chi intende usare la violenza; ci sono dibattiti che rischiano di alimentare i violenti, anche perchè andiamo incontro a mesi delicati”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/03...uitalia/181343/Equitalia, quando un divieto di sosta vale un garageStrumenti straordinari per recuperare i crediti: ecco tutti gli eccessi Stracquadanio choc: "Equitalia è il Pizzo di Stato" Commenti
Un sistema di riscossione che aumenta velocemente le somme dovute senza che il cittadino possa porvi immediato rimedio. Per questo Equitalia è diventata 'antipatica' agli italiani
Una sede Equitalia (Businesspress)
ARTICOLI CORRELATI
Roma, 4 gennaio 2012 - È una rabbia che sale quella degli italiani contro Equitalia. Ma non può essere giustificata semplicemente con il fatto che gli italiani, per definizione, sono un popolo di evasori. Anche Equitalia ha le sue colpe. E sono colpe molto concrete. Fino a metà 2011, come approfondito in «Resistere ad Equitalia» (Aliberti editore), ha iscritto ipoteche su abitazioni private, anche prime case, per cifre debitorie inferiori agli 8mila euro, senza notifiche (ex articolo 140 cpc) e senza intimazione di pagamento. Stessa cosa per i fermi amministrativi delle macchine (cosidette ganasce fiscali). All’alba del 1° ottobre 2011, poi, il governo (nella figura di Tremonti) ha dato ad Attilio Befera armi che prima di allora il fisco mai aveva posseduto.
Ecco la sostanza: dopo 60 giorni dall’avviso, Equitalia ora può attivare i suoi mezzi per recuperare il debito. Senza muovere un passo, può iscrivere ipoteca sull’artigiano considerato infedele (facendo scattare una comunicazione alla centrale rischi delle banche con conseguente chiusura dei fidi), può pignorare il suo conto corrente (rendendo impossibile il pagamento di dipendenti e fornitori), avviare i pignoramenti presso terzi e far partire le ganasce fiscali.
Il «titolo di debito» è diventato immediatamente esecutivo. Non c’è più bisogno di istruire una cartella esattoriale che, ricorsi compresi, portava al saldo dell’eventuale debito entro 15-18 mesi. Il problema è che prima, in quattro casi su dieci, i ricorsi davano ragione al contribuente: ora non abbiamo più questa opportunità.
Se Equitalia, poi, si convince che c’è «fondato pericolo» di perdere il credito, può fare quel che vuole: sequestrare una pensione, mandare un bene all’asta immobiliare. Che qualcosa non torni in questo meccanismo è evidente. Perché spesso i «clienti» di Equitalia sono persone che i redditi abitualmente li dichiarano e le tasse le pagano, ma che, a causa della crisi economica o di scelte imprenditoriali sbagliate, si sono trovate impossibilitate a onorare debiti fiscali o previdenziali verso lo Stato.
A questi si aggiungano le migliaia di casi di persone che ricevono cartelle esattoriali per multe o bollette già pagate o inesistenti. Gli effetti dello squilibrio del sistema spesso sono drammatici, anche a causa di un meccanismo sanzionatorio e di riscossione perverso che porta le somme dovute a crescere anche del doppio e del triplo nel giro di pochi anni.
Tra le migliaia di casi raccolti da Adiconsum sul fronte della lotta contro «l’inequità» di Equitalia, si trova quello di Mauro Bordis, 58 anni: per 6mila euro gli avevano ipotecato casa e tolto i fidi. Bordis è morto d’infarto mentre lottava contro le cartelle di Equitalia.
E ancora: in quale Paese al mondo può accadere che un debito di 156 euro si trasformi in un’ipoteca su un garage che ne vale 80mila? In Italia sì. La vittima si chiama Nicolò Italo Gueli, medico, multato una volta per divieto di sosta. Fece ricorso al giudice di pace nel luglio 2008 e poi, paziente, restò in attesa della sentenza
Nel frattempo, Equitalia gli ha ipotecato il garage e ha fatto crescere a dismisura la sanzione della multa. Fino a 80mila euro. La causa è ancora in corso.
di Elena G.Polidori
http://qn.quotidiano.net/economia/2012/01/...le_garage.shtmlEquitalia, il cane lupo e i cittadini
La guerra di sguardi lividi e carte bollate che gli italiani hanno ingaggiato da anni con Equitalia non ha nulla a che spartire con i gesti criminali di chi in questi giorni, nonostante le smentite della Storia, vuole farci credere che le ingiustizie si guariscano evocandone la madre: la violenza.
La guerra di cui ci occupiamo qui è una guerra fra poveri, anzi, fra impoveriti (le finanze individuali contro quelle pubbliche) ed è il sintomo di un’emergenza nazionale che precede e spiega tutte le altre: il rapporto fra i cittadini e lo Stato.
Secondo il manuale di educazione civica che prende polvere da decenni nelle nostre librerie, i cittadini sono lo Stato. E le tasse, di conseguenza, lo strumento per finanziare se stessi. Non pagarle rappresenta un atto di masochismo. Ma in Italia non è così. Per un italiano lo Stato è altro da sé, è un vampiro arrogante da buggerare più che si può. Di solito viene identificato con la casta costosa, pletorica e inefficiente dei politici, con il treno sporco e perennemente in ritardo dei pendolari, con il funzionario pubblico che digrigna i denti al di là dello sportello, complicandoci le cose facili e non semplificandoci quelle difficili.
D’altro canto, per un funzionario pubblico il cittadino italiano non è il suo datore di lavoro, ma un postulante. Non il comproprietario dello Stato, ma un suddito. L’effetto di questa estraneità reciproca, rimasta grosso modo inalterata dai tempi delle invasioni barbariche, si riverbera sulla relazione cruciale fra chi paga le tasse e chi le riscuote. Il contribuente considera Equitalia un taccheggiatore. Equitalia considera il contribuente un evasore.
Equitalia detesta il contribuente perché sa che egli farà o ha già fatto di tutto per fregarla. Perciò gli starà addosso con i metodi dell’inquisitore, applicando senza un briciolo di buon senso quelle leggi che le consentono di pignorare la casa e l’auto a chi non possiede nient’altro per lavorare e quindi per pagare le tasse. L’agenzia agirà come se avesse sempre ragione e quando la giustizia le darà torto si rifiuterà di riconoscerlo fino all’ultimo grado di giudizio, confidando nella stanchezza del cittadino, che pur di non spendere altri soldi in tribunale accetterà di pagare in forma scontata una somma che non avrebbe dovuto pagare affatto.
A sua volta il contribuente ritiene che Equitalia si accanisca contro di lui perché è piccolo e nero, mentre i grandi patrimoni vengono risparmiati e coloro che portano i soldi all’estero o mettono le proprietà immobiliari all’ombra di società di comodo non correranno mai alcun rischio. E’ portato a considerare veniali le sue colpe, anche quando ci sono, e sproporzionata la reazione della controparte.
Questo stato d’animo è aggravato, o forse addirittura determinato, dalla mancata percezione dell’interesse comune. La maggioranza degli italiani è convinta che le tasse riscosse da Equitalia non serviranno a pagare i servizi essenziali, ma a ingrassare i soliti noti, perciò vive l’evasione come una forma di autodifesa invece che come una diserzione sociale. In realtà i servizi, anche se pessimi, ci sono e ce ne stiamo accorgendo adesso che cominciano a scarseggiare. E ci sono anche gli evasori: quelli grandi, certo, ma pure i piccini, che la latitanza dei grandi non rende meno colpevoli.
Quando si parla di cartelle esattoriali ogni italiano diventa doppio. La sua parte A applaude all’irruzione delle Fiamme gialle negli alberghi di Cortina durante le festività natalizie, a caccia di ricconi esentasse. Ma la parte B solidarizza con gli abitanti di Cortina che dal prossimo Capodanno rischiano di perdere la clientela e quindi il lavoro. In genere questa parte B è particolarmente sviluppata quando l’azione invasiva dello Stato lambisce le nostre tasche. Quando invece tocca quelle degli altri, rifulge al massimo splendore la parte A. Una schizofrenia che raggiunge livelli di autentico interesse scientifico in una certa sinistra radicale a cui ha appena dato voce Beppe Grillo. Quella che invoca uno Stato cane lupo, da aizzare addosso agli evasori, tranne poi lamentarsi se il cane lupo Equitalia sbrana tutto ciò che fiuta.
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubr...2&ID_sezione=56I network internazionali contro EquitaliaLe esplosioni nelle sedi di Equitalia di Modena e Foggia la notte di Capodanno hanno fatto dire al capo della Polizia, Antonio Manganelli, che ormai “siamo passati dallo spontaneismo del singolo che agisce dentro l’associazione anarchica a una vera e propria organizzazione, una sorta di network internazionale con scambio di favori e azioni”. Negli ultimi tempi, in effetti, la Grecia è stata segnata da una serie di attentati più o meno gravi che hanno riportato alla ribalta gruppi anarchici storici e nuove sigle che hanno avuto modo di mettersi in mostra con attacchi incendiari contro gli uffici di membri del governo e di deputati socialisti, come reazione alle misure di austerità varate dai tecnici alla guida del paese.
Dal 2008 si fa notare la cosiddetta “Congiura delle cellule del fuoco” (SPF), gruppo che si è distinto per aver appiccato un incendio al mese tra Atene e Salonicco in segno di protesta per l’arresto del compagno di lotta Vangelis Voutsatzis, incarcerato per terrorismo nel 2007 e per avere anche sperimentato l’effetto, davanti alle sedi di compagnie d’assicurazione, di pentole a pressione imbottite d’esplosivo.
Odio contro le banche, la polizia, il consumismo e il sistema costituito: è il manifesto che ispira la rete internazionale anarchica. Gli esponenti italiani del network raccolti nella Federazione anarchica informale non si sono fatti mancare nulla: pacco bomba a Prodi nel 2004, bomba all’Ambasciata e alla Camera di commercio greca di Madrid, bomba ad una filiale della City Bank di Barcellona, bombe al tribunale di Valencia. C’è stato pure il tempo, nel 2000, di piazzare un ordigno incendiario nella chiesa di Sant’Ambrogio a Milano, in segno di solidarietà ai compagni detenuti. Solo qualche settimana fa, poi, sempre nostri connazionali avevano spedito una bomba all’amministratore delegato di Deutsche Bank, Josef Ackermann, avvertendo che altri attacchi sarebbero stati attuati entro breve tempo.
Elemento sempre presente (anche dando uno sguardo ai verbali delle riunioni degli anarchici) è la solidarietà internazionale, una sorta di uno per tutti e tutti per uno: c’è un compagno messo in prigione ad Atene? Ecco che subito si attiva la rete per piazzare una bomba davanti al carcere per “evidenziare la vulnerabilità del dominio”.
www.ilfoglio.it/soloqui/11791"Equitalia, un giorno di ritardo
mi è costato quasi 10mila euro"04/01/2012di Valentina Guido
Tweet
Segnala Stampa Riduci Aumenta Condividi |
L'agenzia delle entrate a Sassari (foto: SassariNotizie.com)
SASSARI. Fare gli imprenditori in Italia è roba da eroi. Se poi si lavora con le pubbliche amministrazioni, bisogna mettere in conto i molteplici ritardi nei pagamenti delle fatture, che si riflettono in altrettanti ritardi nei confronti dei fornitori, delle banche, dei dipendenti dell'azienda, se ce ne sono.
Ma la storia di Maria Rita Mura e della sua ditta, la Sarda Semafori Snc, dimostra come a volte il peggior nemico dell'imprenditore onesto sia proprio lo Stato. «Equitalia mi ha trattata peggio di un evasore- racconta sull'orlo delle lacrime- e tutto per aver pagato una rata con soltanto un giorno di ritardo».
La Sarda Semafori è stata fondata a Sassari nel '97. Gli affari sono andati bene all'inizio, anche se con l'ingresso dell'euro tutto è diventato più difficile. «Facciamo segnaletica stradale, impianti semaforici e illuminazione pubblica, ma per non essere costretti ad assumere abbiamo ridotto le commesse. Infatti, finché tocca a me e ai miei familiari aspettare prima di poter prendere uno stipendio è un conto. Ma non potrei chiedere a dei dipendenti lo stesso sacrificio».
Com'è possibile che un'azienda sana si ritrovi all'improvviso sull'orlo del burrone, a un passo dalla chiusura? Il peccato originale della Sarda Semafori risale al 2006: «Per avere un po' di respiro, abbiamo deciso di rateizzare l'Iva al prezzo di un 10 per cento di interessi in più». Il 7 luglio 2009 la signora Maria Rita Mura riceve dall'Agenzia delle Entrate una comunicazione relativa alla determinazione dei versamenti rateali: sono 20 rate da circa 665 euro l'una, da pagare ogni tre mesi circa. In tutto poco più di 13mila euro. Ma il 30 novembre 2009, giorno di scadenza della seconda rata, il collegamento internet della banca non funziona. «Ci ho provato in tutti i modi ma non c'è stato verso di inoltrare il modello f24-racconta la signora Mura- così ho riprovato il giorno dopo e ci sono riuscita. Certo, se avessi saputo che cosa avrebbe comportato questo piccolo ritardo, sarei andata in capo al mondo a pagarla».
Passa il tempo e l'azienda continua a versare le rate una dopo l'altra, fino a quando il 24 giugno 2011 i nodi vengono al pettine: Equitalia notifica una cartella di pagamento da 15.290,98 euro da pagare all'Agenzia delle entrate entro 60 giorni (poi ridimensionato a 14.611,80). «Dopo lo choc iniziale mi sono informata: la causa era proprio quel ritardo di un giorno nella seconda rata dell'Iva, due anni fa». La signora Mura cerca possibili soluzioni, presidia l'Agenzia delle Entrate in preda alla disperazione. «Ma cosa devo fare? Devo chiudere la mia azienda a causa di un pagamento in ritardo di 24 ore?». Alla fine riesce a ottenere almeno un consiglio: è necessario rivolgersi alla Commissione provinciale tributaria di Sassari e fare ricorso avverso la cartella di pagamento. Tramite il suo commercialista, la signora Mura fa anche istanza di sospensione e a questo punto, più tranquilla, continua a pagare il resto delle rate dell'Iva. Qualche tempo dopo il Comune di Oristano cerca di pagare una fattura alla Sarda Semafori, ed è così che l'azienda scopre di avere la partita Iva sotto osservazione al punto che qualsiasi pagamento sopra i 10mila euro viene automaticamente pignorato da Equitalia. «Pensavo che avendo presentato istanza di sospensione la questione fosse congelata, invece no, perché la Commissione provinciale tributaria sta esaminando ancora le pratiche di aprile e chissà quando passerà alla mia». Nel frattempo l'Agenzia delle Entrate ha annullato la rateazione dell'Iva, ma la signora Mura non lo sa ed è per questo che paga anche la rata del 30 novembre 2011. I soldi di certo non le tornano indietro.
Equitalia è soddisfatta solo con il pignoramento della fattura saldata dal Comune di Oristano: prende alla Sarda Semafori 14.611,80 euro che si aggiungono ai circa 7mila euro corrisposti con il pagamento delle prime dieci rate dell'Iva. «Insomma: dovevo pagare 13mila euro, e alla fine ne ho sborsato 21mila!». Se per caso, tra molti mesi, la Commissione provinciale tributaria darà ragione alla signora Mura, ancora non sarà finita: «Se vorrò ottenere il rimborso, dovrò pagarmi un avvocato e fare causa allo Stato».
Nel frattempo però i problemi non sono finiti: il pagamento della fattura è stato anticipato dalla banca, alla quale ora l'azienda deve restituire il danaro. «E per fortuna ancora non mi hanno tolto i fidi. Si stanno dimostrando comprensivi, così come i fornitori, ai quali ho chiesto di avere pazienza. Se la gente aspetterà, allora ho qualche speranza di tenere aperta l'azienda. Mi stanno aiutando tutti...a parte lo Stato, che mi sta trattando peggio di una criminale. E dire che ho sempre pagato».
Il decreto legislativo 462 del 18/12/1997 sulle procedure di liquidazione, riscossione e accertamento all'articolo 3, afferma che «il mancato pagamento anche di una sola rata comporta la decadenza della rateazione e l'importo dovuto per imposte, interessi e sanzioni in misura piena, dedotto quanto versato, è iscritto a ruolo». Ma la Sarda Semafori non ha omesso alcun pagamento, ha solo versato una rata con un giorno di ritardo. «Possibile che sia la stessa cosa?».
La signora Mura ha scritto a Palazzo Chigi, e anche al ministro del Lavoro Elsa Fornero, «in modo che pianga un po' anche per me. Voglio raccontare la mia storia a tutti per sapere se sono l'unica ad aver vissuto quest'esperienza o se, come credo, ci sono altri imprenditori nella mia situazione».
http://www.sassarinotizie.com/articolo-864...mila_euro_.aspx